Indipendence Day? Morsi tua, vita mea, l’Egitto di fronte a un passaggio cruciale per la stabilità nel Mediterraneo

Tra entusiasmi e perplessità, la gioia del popolo per la liberazione dal “Fascismo Islamista” dei Fratelli Musulmani non può far dimenticare la complessità delle forze in campo. Le istanze del popolo degne di essere segnalate: parità di genere, libertà religiosa, rispetto delle differenze tra le richieste di Tamaroud/Rebels. I ruolo sussidiario dei militari

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Il giornalismo esercitato sul posto non è sostituibile da altri succedanei a distanza, però chi non può per motivi economici (è questo il limite alla nascita di nuove e strutturate realtà editoriali, noi facciamo un piccolo tentativo di ritagliarci una nicchia di uditorio, i quattro eroi che ci seguono, con pochi soldi e smisurati sforzi) può cercare di capire qualcosa dei fenomeni mondiali attraverso i social network.

Seguire una rivoluzione via Twitter dà sensazioni particolari, perché i caratteri limitati impongono sintesi e la sintesi spesso fa scoprire sotto il profilo emotivo l’autore. Il 3 luglio abbiamo seguito lo sviluppo degli eventi attraverso le agenzie di stampa e due giovani arabi, Sultan Sooud Al Qassemi , di Dubai, e una giovane donna libica, probabilmente sposata in Qatar e con frequenze negli Stati Uniti, Hend. Musulmani e liberali. Aperti al mondo, senza disconoscere il valore della tradizione. È un’impressione, ovviamente, però è significativo che dalle parole di questi due giovani sia venuta ammirazione per il popolo egiziano liberatosi dal gioco del “Fascismo Islamista”, ha scritto via Twitter l’attore egiziano Khaled Abol Naga, ritwittato da Al Qassemi: il fascismo islamista dei Fratelli Musulmani.

Invece sui giornali italiani è una quasi unanime il coro di preoccupazione per l’intervento risolutorio dell’Esercito, seguendo il pensiero del premio Nobel per la Pace, l’uomo dei Predator, Barak Obama, che ha espresso il monito per l’esito antidemocratico del pronunciamento delle Forze Armate egiziane.

Si tratta quindi di capire se è antidemocratico annullare un risultato elettorale conquistato con una marea di brogli denunziati dagli osservatori internazionali e con un governo che subito aveva impresso una deriva islamista al Paese. Paese che, a due anni dall’insediamento di Mohamed Morsi ha detto “basta” alla protervia dei Fratelli Musulmani.

C’è un vizio di fondo nell’interpretare il ruolo e la piattaforma della “Fratellanza” fondata da Hasan Al Banna a Ismailia nel 1928, che da sempre è islamista nell’accezione più dura e imperialista del termine. La storia del movimento è densa di persecuzioni, perché il progetto islamista promosso da Sayyd Qutb prevedeva la lotta armata per conquistare il potere e imporre la Sharia alla popolazione, in un più ampio progetto di unità della Umma musulmana (la comunità dei fedeli dell’Islam). Perseguitati da Nasser, solo dopo il 1969 la Jamaʿat al-Iḫwān al-muslimīn modera il programma di Qutb, che nel frattempo era stato condannato a morte.

Sadat riaprì ai Fratelli Musulmani, per bilanciare gli estremisti di sinistra che avevano raccolto le istanze libertarie europee, ma fallì nel tentativo di coinvolgere il movimento in un processo democratico, fino a che nel 1979 il “Fratelli” ripresero la lotta armata. Due anni dopo, Anwar Al Sadat fu ucciso in un attentato a opera della “Fratellanza”, che se ne attribuì la paternità e perfino il merito. Il regime guidato dai militari non cadde, perché un altro militare fu nominato alla presidenza della Repubblica, Hosni Mubarak.

Mubarak, ufficiale dell’aeronautica eroe della Guerra dello Yom Kippur (1973) ha esercitato il potere con forza e un controllo massivo sulla società egiziana, che però ha via via assunto nuovi connotati. Dal 1984, Mubarak aveva riaperto le porte della partecipazione politica dei Fratelli Musulmani non in via diretta, ma in coalizione con altri movimenti politici, nel tentativo rivelatosi inutile di spingerli alla vita democratica, in modo graduale.

L’errore fatto in Occidente è di interpretare la Fratellanza come una specie di “Democrazia Islamica” sulla falsariga della “Democrazia Cristiana”. Errore ferale, perché ha fatto perdere il focus della realtà, per esempio non ha 20130705-sayyid-qutb_300x205consentito di rilevare le profonde connessioni tra il pensiero di Sayyd Qutb (nella foto a sinistra), espresso nelle due opere principali Fī ẓilāl al-Qurʾān, All’ombra del Corano, e Maʿālim fī al-ţarīq, Pietre Miliari. Il giovane bin Laden fu affascinato dalla purezza dell’Islam totalizzante di Ibn Tayimiyya, trasmessogli dal fratello di Qutb, Muhammed, docente di diritto islamico all’università di Jeddah, dove il capo di Al Qaeda conseguì il master in diritto islamico.

Tayimiyya, filosofo islamico del XIII e del XIV Secolo (nome completo Ibn Taymiyya Taqī al-Dīn Abū al-ʿAbbās Aḥmad), era stato l’ispiratore della corrente wahabita al potere in Arabia dal 1924 con la famiglia Al‘Saud. Bin Laden cercò di diventare, senza successo, interlocutore strategico dei Saud al tempo dell’invasione del Kuwait da parte dell’Irak di Saddam Hussein, il sanguinario ufficiale delle Forze Armate irachene che aveva partecipato all’assassinio di Re Feisal II nel 1958, ordito da un gruppo di aderenti al partito Ba’ath, il Partito Nazional Socialista fondato da Michel Aflaq e da Salah al-Din al-Bitar nel 1940.

Bin Laden aveva fondato Al Qaeda ai tempi dell’invasione sovietica in Afghanistan, ricevendo sostanziosi aiuti finanziari dalla Central Intelligence Agency, caduta in modo inspiegabile (sarà materia di studio dei futuri storici militari) nella più straordinaria truffa che un servizio di intelligence abbia mai patito nella storia contemporanea, da parte dell’ISI pakistano, tradizionale alleato di Washington nella regione.

La connessione tra Fratelli Musulmani, islamismo jihadista e l’azione militare promossa da bin Laden contro i Paesi musulmani corrotti nella relazione con l’Occidente in generale, gli Stati Uniti in particolare, non è servita ad aprire gli occhi al Dipartimento di Stato sotto l’amministrazione Obama, che ha appoggiato – in modo diabolico – le cosiddette “Primavere Arabe” negli Stati del Maghreb, in Libia, Egitto e Siria. Sennonché, la storia della presa del potere dei Fratelli Musulmani in Egitto (2011) con il Partito Libertà e Giustizia ha un preciso precedente storico nel successo di Hamas (Ḥizb al-ḥurriyya wa l-ʿadāla, Movimento Islamico di Resistenza) nella Striscia di Gaza nel 2007.

La vittoria di Hamas a Gaza fu l’ultimo traguardo di una strategia di lungo periodo, costruita con l’assistenza sociale alle derelitte popolazioni dei Territori Occupati della Striscia, avverse al partito di al Fatah, reo di malversazioni e accusato di corruzione fin dai tempi del fondatore Yasser Arafat.

Fratelli Musulmani e Hamas condividono la piattaforma jihadista e l’eliminazione dello Stato di Israele. Non a caso da Tel Aviv in questi giorni una moderata soddisfazione è stata espressa con il silenzio. Un silenzio attendista, 20130704-Adli Mansourperché il nocciolo della questione è: l’intervento delle Forze Armate egiziane a sostegno dei 23 milioni di cittadini che hanno manifestato contro la politica islamista di Mohamed Morsi, è un salto nello strapiombo democratico ovvero è l’alba di un nuovo giorno?

La nozione digolpe” è da aggiornare, quando l’esercito si muove per abbattere un regime tiranno, che ha cooptato nel governo del territorio assassini matricolati?

Adly Mahmud Mansour (nella foto a sinistra), nominato presidente della Suprema Corte Costituzionale il 30 giugno scorso, poi presidente provvisorio dell’Egitto il 3 luglio 2013, ha giurato ieri: sarà un fantoccio nelle mani dei militari comandati dal generale Abdel-Fattah al-Sissi o sarà l’Enrico de Nicola egiziano?

Nessuno può dirlo, solo Dio lo sa, ma si possono interpretare alcuni segnali.

Il primo, che a capo dello Stato è stato posto un civile, un tecnico, per unanime decisione di un consiglio straordinario costituito da militari, dal rappresentante del movimento democratico Tamaroud (Ribelli), il noto diplomatico Muhammad Mustafā al-Barādeʿī (già capo dell’AIEA) e dalle due principali autorità religiose del Paese, l’imam dell’università islamica sunnita Al Azhar, Ahmed Al-Tayeb, e il Pope Copto Tawadros II. Non era mai successo che i militari non assumessero il ruolo di guida dello Stato.

20130705-egyptian-newspapersIl secondo è che dall’Egitto oggi è stato risposto con chiarezza dalla stampa egiziana, che ha seguito con commozione l’evoluzione democratica nel Paese, alla Casa Bianca. In una dichiarazione emessa la sera del 3 luglio, Obama aveva aveva manifestato preoccupazione per la destituzione di Mohamed Morsi, considerata un’interruzione del processo democratico, e aveva criticato in modo velato il ruolo dei militari, uno dei principali giornali egiziani ha risposto in modo perentorio, senza mai avere l’ardire di definire l’azione dell’Esercito come un “golpe”. Oggi, uno dei quotidiani del Cairo ha titolato in inglese: “Signor Obama, è una rivoluzione, non un colpo di Stato”.

Il terz20130703-elbaradei_300x200o segnale è la mancata comprensione del fenomeno in Italia, che o considerano Hezbollah, Hamas e i Fratelli Musulmani potenziali interlocutori politici, ovvero comprendono che in Egitto è iniziato un movimento che influenzerà tutto il Nord Africa, il Vicino Oriente anche la sponda settentrionale del Mediterraneo, dove la dittatura peggiocratica e dei corrotti ha ridotto alcuni Paesi sulla soglia del fallimento.

Da ieri è pacifico che il tiranno – qualunque veste indossi – si può abbattere anche in modo democratico, anche con il ruolo sussidiario delle Forze Armate. Un nostro interlocutore esperto di questioni militari italiane – che intende mantenere l’anonimato – ci ha assicurato che le Forze Armate italiane non potranno mai agire in modo analogo, ma il monito di quanto avvenuto in Egitto è valido: per tutti.

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